Venti anni fa, il Ruanda è stato teatro di uno dei più atroci atti di pulizia etnica, quella degli Hutu a danno dei Tutsi, nel giro di 6 settimane furono uccise 800.000 persone. Il governo Ruandese, in mano ormai ai Tutsi, decide di seguire la via della riconciliazione nazionale. Viene promosso il culto del nazionalismo e si abolisce l’identità etnica che era stata molto strumentalizzata dai Belgi durante il periodo coloniale. Erano stati infatti i Belgi a imporre ai Ruandesi di dichiarare l’etnia di appartenenza e a imprimerla sui loro documenti anagrafici anche se un quarto della popolazione proveniva da matrimoni misti. La carta di identità etnica fu una forzatura che si rileverà purtroppo molto utile agli assassini durante il genocidio. Nel Ruanda di oggi dove metà della popolazione è nata dopo il 1994, non si è né Tutsi né Hutu ma solo patrioti ruandesi. Chi manifesta un atteggiamento discriminatorio nei confronti di un’altra etnia può finire anche in carcere. Scuole e università sono luoghi preposti alla lotta contro l’odio interetnico. Della tragica storia del Ruanda molto si è scritto negli ultimi 20 anni. Eppure poco è stato raccontato del prezzo pagato durane il genocidio dei Batwa, la minoranza pigmoide, la popolazione più antica della regione dei Grandi Laghi. Pur rappresentando solo 1% della popolazione ruandese, sono stati uccisi per mano Hutu 10.000 Batwa perché considerati “amici” dei Tutsi e altri 10.000 sono fuggiti oltre confine per salvarsi. Questa invisibilità da parte della storia sembra perpetuarsi. Nonostante le leggi contro ogni forma di discriminazione i Batwa continuano a essere considerati dei paria. Insultare un Batwa perché è un Batwa non è un reato mentre lo è insultare un Tutsi o un Hutu perché tale. Tra il 2006-2010 le foreste ancestrali dove i Batwa vivevano da sempre sono state diventate parchi che attirano molti turisti per la presenza dei gorilla. Sradicati dal loro ambiente naturale ai Batwa sono state sottratte anche le terre che gli erano state assegnate. Oggi i Batwa sopravvivono in condizioni di povertà estrema producendo oggetti di ceramica e coltivando patate nei campi di altri. Queste foto della comunità Batwa sono state scattate nel febbraio 2014 vicino al confine con il Congo a testimonianza della loro vita quotidiana e della loro povertà. (testo a cura di Luca Catalano Gonzaga).
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