In Senegal, i pesci stanno diventando scarsi, poiché la pesca su scala industriale ha progressivamente prosciugato gli stock ittici del paese. Non si incontrano più pescatori che utilizzano le reti a poche miglia dalla riva, inutilmente vuote. Le continue incursioni illegali dei pescherecci asiatici, europei e africani, nelle acque riservate ai locali, hanno costretto i pescatori a cercare un’altra strada che garantisca loro la sopravvivenza, una strada illegale e altamente pericolosa: la pesca subacquea. Per trovare il pesce, ormai, è necessario scendere ad una profondità che va dai 20 ai 50 metri, che dunque di può raggiungere solo con l’ausilio di bombole per immersione. Naturalmente il governo senegalese vieta, ufficialmente, la pesca subacquea, sia di giorno che di notte, ma di fatto poi lascia correre, evitando ogni controllo, nella consapevolezza che questa rappresenta l’unica possibilità di sopravvivenza per interi villaggi. E nonostante questo, i pescatori, pur esponendo la loro vita ad un rischio continuo, hanno registrato una consistente diminuzione del loro pescato: dai 60/70 kg al giorno nel 2010 ai 25/30 kg di oggi.
Il rischio è dato dal fatto che sono costretti ad immergersi almeno 2/3 volte al giorno, per un totale di 5/6 ore. E naturalmente non esiste alcun controllo sulla strumentazione, né tantomeno medico-sanitario, per non parlare della ovvia impossibilità di raggiungere una camera iperbarica in caso di embolia. Dunque ogni anno, si registrano un numero impressionante di decessi e di casi di invalidità permanente.
Qualche dato economico: un subacqueo che esce ogni giorno con la propria piroga sostiene un costo di circa 12 euro, tra gasolio e ossigeno per le bombole, quindi deve pescare almeno 10 kg di pesce per rientrare almeno delle spese. Considerando che il pescato medio giornaliero è di circa 20 kg, il guadagno quotidiano si aggira intorno a 10 euro, somma insufficiente al mantenimento dell’intera famiglia.
Per fortuna, esiste una grande, spontanea, fortissima rete sociale tra le varie comunità di pescatori, che si aiutano tra loro cedendo parte del pescato agli anziani, o alle persone disabili a causa degli incidenti da immersione.
Sorprendente è il caso di uno di loro, Ndiattè Gueyeì. Ndiatte’ ha 35 anni, una moglie e 2 figli, e vive vicino a Dakar, nel villaggio lungo la spiaggia di Ngor.
Sorprendente perché Ndiatte’ e’ stato per diversi anni campione di canottaggio del Senegal, ha partecipato con ottimi risultati a diversi campionati mondiali come quelli in Germania nel 2012, o nel suo Paese, a S.Louis, nel 2018, eppure continua a vivere in estrema povertà. Nessun sostegno dal governo, nessuna agevolazione perché possa allenarsi e prepararsi per indossare la maglia del Senegal nelle gare olimpiche. Ndatte’ vive, come tutti gli altri, in una condizione di estrema povertà, in una casa che è costituita da una sola stanza, con tutta la sua famiglia, ed è tuttora costretto ad immergersi due volte al giorno se vuole sopravvivere, nonostante ad oggi abbia ricevuto già 26 medaglie, che orgogliosamente custodisce nella casa della madre.